Se il buongiorno si vede dal mattino, la chiusura delle contrattazioni nelle commodities energetiche nel mese di gennaio, è un gradito segnale di un mercato che si è lasciato alle spalle delle valorizzazioni eccessive, creando agitazione nel settore e danneggiando considerevolmente la regolare produzione ed attività imprenditoriale.
Il mercato a pronti ha, dunque, riproposto dei valori di scambio che riportano al periodo pre-crisi energetica del 2021: il PUN medio del mese è stato pari a 99,16 €/MWh, mentre per il PSV (non ancora disponibile al momento della trasmissione della newsletter) potrebbe assestarsi intorno i 0,332 €/Smc.
Mercato elettrico
Nella tabella elaborata dal GME vediamo l'andamento del prezzo giornaliero della materia prima energetica contrattato nel mercato a pronti.
Le valorizzazioni minime, per tutto il mese di gennaio, sono state al di sotto dei 100,00 €/MWh, con una contrattazione minima a 35,20 €/MWh il 4 gennaio.
Interessante anche il valore massimo giornaliero del mese oggetto di analisi che non ha raggiunto quota 150,00 €/MWh, contribuendo in tal modo a portare il PUN mensile ad un'ulteriore decrescita rispetto al mese di dicembre 2023.
Dal grafico di confronto degli ultimi 12 mesi, notiamo dunque, la progressiva discesa del PUN, a partire proprio dal gennaio 2023. Si evince altresì la "preoccupazione" del mercato a seguito della questione palestinese ed il successivo graduale rientro positivo nelle contrattazioni.
Un mercato, dunque, che pare orientato a proseguire nel trend positivo in discesa; questo almeno nel breve termine, quindi nelle contrattazioni giornaliere, ove il prezzo medio nel 2024 pare orientato ad oscillare tra 85 e 115 €/MWh.
Più incerte le previsioni a medio e lungo termine, che considerano l'insieme di altri fattori, a partire dalla ripresa economica, piuttosto che delle condizioni meteorologiche, fattori che porterebbero ad un aumento della domanda, con conseguenti ripercussioni nell'innalzamento dei prezzi.
Mercato del gas naturale
Da metà gennaio il prezzo del gas è sceso sotto i 30 euro al megawattora: da ottobre era tornato a salire dopo l’inizio della guerra sulla striscia di Gaza, perché si temeva che l’instabilità della regione avrebbe avuto impatti sulle forniture verso l’Europa, sempre più dipendente dalle forniture dal nord Africa e dal Medio Oriente.
Il rialzo è stato relativamente contenuto e il picco ha raggiunto i 53 euro, molto al di sotto dei prezzi che si registrarono nel 2022 dopo l’inizio della guerra in Ucraina, quando superò anche i 300 euro al megawattora.
Contro ogni aspettativa il calo è proseguito anche con l’inizio degli attacchi del gruppo di ribelli yemeniti Houthi alle navi mercantili nel mar Rosso.
Una discesa di questo tipo in un contesto internazionale così rischioso – guerra in Ucraina e a Gaza, e crisi sul mar Rosso – è notevole e sta stupendo gran parte degli osservatori.
Il mercato di riferimento in Europa ha sede nei Paesi Bassi ed è il Title Transfer Facility (TTF). Nell’Unione Europea esistono vari mercati simili (per esempio, in Italia c’è il PSV, il Punto di Scambio Virtuale), ma è il TTF olandese che fissa i prezzi di riferimento per l’intero continente, perché è dove avviene la maggior parte degli scambi. Le quotazioni si formano sulla base delle aspettative degli operatori: se si pensa che possa esserci scarsità di materia prima, quindi che la domanda superi l’offerta, allora il prezzo salirà; al contrario, se si crede che ci sarà abbondanza, quindi che la domanda sia minore dell’offerta, allora il prezzo scenderà.
Gli operatori per il momento prevedono che non ci siano grossi rischi di carenza di materia prima, per tre motivi principali:
- il primo riguarda le scorte di gas attuali, ossia gli stoccaggi. Benché queste siano tra le settimane più fredde dell’anno e richiedano molta energia per il riscaldamento, gli stoccaggi nei paesi europei sono ancora pieni per oltre il 70 per cento e si dovrebbe arrivare alla fine dell’inverno con un livello sopra il 50.
- il secondo motivo è legato al fatto che per ragioni che stanno diventando strutturali il sistema economico sembra aver meno bisogno di energia.
Oltre che per il riscaldamento il gas serve a produrre una buona parte dell’energia elettrica. Dall’inizio della guerra in Ucraina e anche a causa della crisi energetica i consumi di energia sono ancora piuttosto bassi: secondo il Sole 24 Ore nel 2023 sono scesi del 7 per cento, dopo essere calati già del 12 nel 2022. A questo ha contribuito in parte una tendenza che accomuna vari paesi europei, e particolarmente spiccata in Italia e Germania: molte fabbriche che avevano ridotto o sospeso la produzione a causa degli alti prezzi dell’energia non hanno ancora ripreso a pieno regime. La produzione industriale europea è in calo da mesi, e questo porta a pensare che anche la domanda di energia non aumenterà nel breve termine, dunque neanche quella di gas.
- anche il terzo motivo è strutturale ed è connesso al ruolo che stanno avendo le altre fonti energetiche nella produzione di elettricità, a scapito del gas, che dunque è meno richiesto: recentemente il nucleare francese sta dando un contributo rilevante, e lo scorso anno c’è stato anche un forte aumento della produzione da rinnovabili.
A questi motivi si aggiunge il fatto che le guerre e le crisi internazionali in corso non stanno mettendo concretamente a rischio le forniture di gas verso l’Europa.
Nel grafico sopra rappresentato notiamo l'andamento del prezzo del gas (TTF) negli ultimi tre anni.
Il prezzo del gas resta più alto rispetto a prima della guerra in Ucraina e della pandemia. Questo è il motivo per cui il costo complessivo dell’energia non è ancora tornato a quei livelli: benché siamo lontani dai livelli della crisi energetica del 2022, il prezzo della materia prima è ancora sette volte quello del minimo di maggio 2020.
In più dallo scorso anno i governi hanno iniziato gradualmente a ritirare le misure a sostegno di famiglie e imprese. Per esempio, in Italia erano stati azzerati gli oneri di sistema nelle bollette, che avevano in parte compensato i rincari del gas, e abbassato l’IVA. Con il gas tornato a prezzi più bassi, il governo di Giorgia Meloni ha gradualmente reintrodotto gli oneri di sistema e aumentato l’IVA, con il risultato che le bollette sono nuovamente aumentate.
Per affrontare le sfide del mercato energetico nel 2024, le imprese e i consumatori dovranno adottare delle strategie e delle soluzioni che consentano di ridurre i costi, aumentare l’efficienza e garantire la sostenibilità dell’energia.
Tra queste strategie e soluzioni, mi sento di suggerire almeno tre accorgimenti:
- Scegliere in modo consapevole i fornitori, affidandosi a professionisti del settore e diffidando da soluzioni "self-made" e realtà improvvisate;
- Adottare misure concrete di risparmio e di efficienza energetica;
- Investire in tecnologie innovative per la produzione e il consumo di energia, come i pannelli solari e le batterie di accumulo, i veicoli elettrici e le pompe di calore. Tecnologie che permettono di sfruttare le fonti rinnovabili, di ridurre la dipendenza dalle fonti fossili, di aumentare l’autonomia energetica e di partecipare al mercato dell’energia come produttori e consumatori attivi.